Metodo Classico Italiano
Metodo Classico
Anche se oggi è di moda utilizzare il termine “bollicine” per definire qualsiasi spumante, ci sono sostanziali differenze nel procedimento di elaborazione tra un Metodo Classico e un Metodo Martinotti o Charmat. Il secondo è prodotto con rifermentazione in autoclave e consente di realizzare spumanti velocemente, con un gusto semplice e fruttato: un esempio per tutti il Prosecco.
Metodo Classico o méthode champenoise: Tecnica di Produzione
Il Metodo Classico, invece, è un sinonimo di “méthode champenoise”, un termine ormai rigorosamente riservato solo ai vini della mitica Appellation francese. Vediamo brevemente come si produce un Metodo Classico. Dopo la tradizionale vinificazione in bianco, i vini base si affinano per qualche mese, in attesa della creazione della cuvée. Ogni parcella viene vinificata separatamente e al momento dell’assemblaggio, si possono avere a disposizione diverse decine di vini base, spesso di diversi vitigni, tra cui poter scegliere. Per gli spumanti non millesimati, ai vini d’annata si possono aggiungere vini di annate precedenti, in modo da bilanciare eventuali squilibri del millesimo. Realizzata la cuvée, inizia la fase della seconda fermentazione in bottiglia. Al vino viene addizionata la liqueur du tirage (lieviti e zucchero) e prima d’apporre il tappo a corona, nel collo della bottiglia viene inserito un sottile cilindro di plastica, detto bidule. . I lieviti consumano gli zuccheri producendo anidride carbonica, che resterà miscelata al vino. Le bottiglie vengono poi accatastate in posizione orizzontale e lasciate a riposare sui lieviti per un periodo che può variare, a seconda della denominazione, da un minimo di 15/18 mesi fino a svariati anni per le Riserve più prestigiose Terminato il periodo d’affinamento, si procede con il rémuage, ovvero con la rotazione e inclinazione progressiva delle bottiglie per far depositare tutti i residui dei lieviti esausti nella bidule. Quando il vino è perfettamente limpido e tutti i depositi sono concentrati vicino al tappo, si procede al dégorgement. Un tempo era fatto manualmente à la volé, oggi congelando il collo della bottiglia ed espellendo un cilindretto di ghiaccio, che contiene bidule e lieviti esausti. A questo punto le bottiglie vengono colmate con la liqueur d’èxpedition. La liqueur d’èxpedition può essere costituita dal vino base della stessa annata, da vini di riserva, con eventuali aggiunte di distillati. Insieme alla liqueur d’èxpedition si può aggiungere anche una piccola quantità di zucchero per ottenere differenti tipologie di Spumanti:
- Extra-Brut (fino a 6 g/l)
- Brut (fino a 12 g/l)
- Extra Dry (13-17 g/l)
- Dry (18-32 g/l)
- Demi-Sec (33-50 g/l)
- Dolce (>50 g/l)
Se non si aggiunge zucchero lo Spumante è Pas Dosé
Il Metodo Classico in Italia
In Italia i primi esperimenti di spumantizzazione con Metodo Classico risalgono alla metà dell’Ottocento, quando Carlo Gancia, di ritorno da un viaggio a Reims, cominciò a elaborare i primi spumanti con rifermentazione in bottiglia. Oggi sono fondamentalmente 4 le zone italiane conosciute per la spumantistica, tanto da avere una Denominazione esclusivamente riservata a questa tipologia di vini:
Oltre al metodo di produzione, gli spumanti di queste 4 Denominazioni sono debitrici verso la Francia anche delle uve utilizzate per elaborare Metodo Classico: chardonnay, pinot noir, pinot blanc, pinot gris e meunier. Gli Spumanti Franciacorta e Trento DOC vedono una netta prevalenza dell’utilizzo di chardonnay, l’esatto contrario per Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG, che da disciplinare, prevede un minimo di 70% di pinot nero. Più equilibrata la situazione in Alta Langa, dove si usano più spesso percentuali quasi simili di chardonnay e pinot noir, anche se non mancano etichette di Blanc de Blancs o Blanc de Noirs. Tuttavia in quasi tutte le regioni italiane attualmente si producono Spumanti Metodo Classico di buon livello, spesso con uve autoctone, che dimostrano un’ottima predisposizione spumantistica, basti pensare a nebbiolo, erbaluce, prié blanc, verdicchio e trebbiano di lugana, durella, cortese, bombino bianco e nerello mascalese, solo per citarne qualcuna.
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di Alessio Turazza
Giornalista freelance, collabora con Il Gambero Rosso, Bio Magazine, In Viaggio con Gusto, WineTimes, numerosi siti e altre riviste di settore.