Siamo a Passopisciaro, una delle sette frazioni del comune di Castiglione di Sicilia in provincia di Catania, versante nord-est del “Mongibello” o “A Muntagna” ovvero l’Etna
E’ il 27 ottobre 2017 e per il secondo anno, a distanza di un anno, torno dal vulcano. Lui è così, una volta che lo conosci poi ti manca e ti richiama a sé. 
E’ l’ultimo giorno di vendemmia e quando arrivo in Azienda stanno lavando le cassette con cui hanno raccolto le uve. Il sole splende - è davvero una giornata fantastica - così mi fermo un attimo a contemplare lo splendido paesaggio prima dell’incontro con Giuseppe Russo. In quel momento passa “a Litturina” ossia il trenino circumetneo che collega appunto l’Etna con Catania o meglio L’Etna con Riposto. Rimango quasi a bocca aperta, la vista e i rumori di quel trenino del vino (la littorina veniva infatti utilizzata per il trasporto del vino sfuso che partiva dal porto commerciale di Riposto verso il Mediterraneo) mi fanno fare un tuffo nel passato e allo stesso tempo mi viene una gran voglia di circumnavigare il vulcano a bordo di questo bizzarro veicolo per ammirarlo in tutta la sua bellezza. 
Smetto di fantasticare, non dimenticando tuttavia di imprimere nella memoria l’immagine di questa scena appena vissuta, e la mia visita inizia. Giuseppe Russo è ancora impegnato e così è Dante, da sempre migliore amico di Giuseppe, a fare gli onori di casa.

L’azienda Girolamo Russo

La cantina fu acquistata da Girolamo Russo, papà di Giuseppe, che fino al 2003 vendeva le sue uve.
Nel 2004 Giuseppe, sebbene avesse una laurea in Lettere e un diploma in pianoforte al Conservatorio, prende in mano l’azienda e decide di iniziare a imbottigliare le sue uve rendendosi conto di avere per le mani un bellissimo patrimonio.
Attualmente si contano 18 ha di proprietà, di cui i più vecchi sono piantati ad alberello mentre gli altri a cordone speronato. La loro età varia tra i 70 e i 100 anni con qualche nuovo impianto del 2011. I vigneti si dividono in tre contrade ovvero Feudo di Mezzo (1h), Feudo (11ha) e San Lorenzo. Le varietà coltivate, secondo le norme dell’agricoltura biologica, sono nerello mascalese, nerello cappuccio, carricante, catarratto, inzolia, minella, grecanico e coda di volpe.
La loro altezza è compresa tra i 650 mslm di Feudo e i quasi 800 mslm di San Lorenzo, mentre la composizione del terreno è...? Naturalmente vulcanica.
Una volta raccolte le uve, queste sono vinificate separatamente in modo tale che ogni parcella esprima a pieno le sue caratteristiche, e le fermentazioni sono spontanee in quanto vengono utilizzati solo lieviti indigeni ossia quelli presenti sulle bucce degli acini al momento della vendemmia rigorosamente manuale. Al momento, ogni anno escono dall’azienda 70.000 bottiglie.

La degustazione dei vini di Girolamo Russo

Non potendo visitare tutti e 18 gli ettari, la degustazione ha luogo a Feudo, la cui entrata d’impatto con il viale che separa le due vigne e il casale sullo sfondo ha ispirato le etichette dell’azienda rafforzandone la precisa identità. Qui ci troviamo a 650 mslm tra l’Etna e la Valle dell’Ancantara con i monti Nebrodi di fronte.
Dante mi mostra il nuovo impianto di 2 ettari di Carricante piantato a febbraio 2016 dato che qualche tempo più tardi, durante l’incontro con Giuseppe, mi viene confidato il desiderio di fare un “grande” bianco da singolo vigneto. Ahinoi, le viti non sono ancora in produzione pertanto l’attesa non sarà breve.
Terminata la passeggiata, ci sediamo sotto il portico del casale, prendo la mia agenda e accendo le pupille.

L’apripista è l’Etna Rosato ’16, 100% nerello mascalese, che trae origine dai vigneti più bassi di San Lorenzo. La vista del delicato color cipria, che deriva dalla pressatura diretta e soffice del grappolo intero, mi suggerisce di avvicinare il calice al naso. E in un lampo, gli immediati sentori agrumati e citrini mi esortano poi ad assaggiarlo lasciandomi decisamente soddisfatta. Il sorso è agile, dinamico, di spiccata freschezza, molto sapido, affilato nella sua netta verticalità, energico. E’ perfetto con i crudi, ma anche da solo; inoltre, prepara a regola d’arte il mio palato per il successivo assaggio ossia l’Etna Rosso “A Rina” 2015 - richiamo alla sabbia vulcanica che cade come pioggia dal cratere in eruzione. Questo vino nasce dall’assemblaggio di 95% nerello mascalese 5% nerello cappuccio, le cui uve vengono dai vigneti più giovani di Feudo e San Lorenzo.
“A Rina” mi colpisce all’istante e ancora una volta per il colore, qui rubino trasparente. Profuma di frutta rossa fresca, in particolare fragoline melograno e ribes rosso, accompagnata da note floreali e balsamiche. Il sorso è succoso, vibrante, vitale. Vino profondo e molto lineare con un’ottima persistenza che porta con sé tutte le famiglie aromatiche. Delizioso.

Arriva il turno di “Feudo” 2015, non ancora sul mercato perché uscirà a giugno 2018, 100% nerello mascalese. “Feudo” è ottenuto da un singolo vigneto, che prende il nome dall’omonima contrada, le cui vigne hanno 70 anni di età. Vino elegante, di color rubino luminoso e trasparente. Il seducente ventaglio aromatico si compone di lamponi, ciliegie rosse, rose, radice di liquirizia, cuoio, foglie secche e “vulcano”. Mi sento di scrivere vulcano perché, anche se non ne ho mai assaggiato uno, i vini che nascono su terreni lavici hanno spesso una definita impronta territoriale e il rispetto di questa impronta, nei vini di Giuseppe, permette al territorio di uscirne protagonista manifestandosi con charme e energia.

Chiudiamo la degustazione con “San Lorenzo” 2015, sempre 100% nerello mascalese, che viene però dalla contrada di San Lorenzo. Qui la vigna ha 90 anni di età e ha davvero tanto da esprimere.
“San Lorenzo” si veste di un rubino leggermente più concentrato e cupo di Feudo sebbene mantenga comunque un colore bellissimo. Tuttavia, in un certo senso è “più” di Feudo, non perché sia migliore, ma semplicemente perché il vigneto di San Lorenzo è più vecchio e quindi la concentrazione del frutto è maggiore. Abbiamo inoltre più note balsamiche, più spezie, più tannini, più avvolgenza e prepotente eleganza, più potenza, più fattura. Eppure selezione delle uve, macerazione sulle bucce e affinamento sono identici. Come possiamo spiegarci tutto questo? A parlare ancora una volta è il territorio, affiancato dalle sapienti ma rispettose mani di Emiliano Falsini e Giuseppe, che hanno deciso di lasciarlo fare aggiustandone solo e eventualmente il tiro.

Mi sento, altresì, di aggiungere che la rinomata bevibilità di questi vini fa sì che non si debba necessariamente pensare a un abbinamento, anche se non si può negare che un tagliolino ai funghi porcini con erbe aromatiche, una parmigiana di melanzane o delle costine di maialino dei Nebrodi siano in ogni caso validi partner di gusto.

Che altro dire, non sono ancora andata via e già c’è il desiderio di tornare… grazie Giuseppe, grazie Dante!  


di Camilla Malgarini


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